sabato 30 novembre 2013

29 Novembre 2013 ore 21.00
Conferenza
La Neuromodulazione cerebrale:
Attualità e prospettive terapeutiche

 Dr. Andrea Landi   
U.O.C. di Neurochirurgia (dir. Prof. Erik Sganzerla)  Ospedale S. Gerardo di Monza

Sala polifunzionale Piazza IV Novembre 2, Lissone
Introduce
Dr. Roberto Dominici
Presidente Aral Onlus


Con il patrocinio e il contributo del Comune di Lissone



La malattia di Parkinson


La malattia di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa più comune dopo la malattia di Alzheimer. La prevalenza della condizione nei paesi industrializzati è di circa lo 0,3%. La malattia di Parkinson è più comune negli anziani e la prevalenza aumenta dall'1% in quelli oltre i 60 anni di età, fino al 4% della popolazione sopra gli 80 anni. L'età media di insorgenza è circa 60 anni, anche se il 5-10% dei casi, classificati come ad esordio giovane, iniziano tra i 20 e i 50 anni. La malattia risulterebbe essere meno diffusa nelle popolazioni di origine africana e asiatica, sebbene questo dato sia contestato. Alcuni studi hanno proposto che sia più comune negli uomini rispetto alle donne, ma altri non hanno rilevato particolari differenze tra i due sessi. L'incidenza della malattia di Parkinson è tra 8 e 18 per 100 000 persone-anno.
Sovente definita come morbo di Parkinson, Parkinson, parkinsonismo idiopatico, parkinsonismo primario, sindrome ipocinetica rigida o paralisi agitante è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale. I sintomi motori tipici della condizione sono il risultato della morte delle cellule che sintetizzano e rilasciano la dopamina. Tali cellule si trovano nella substantia nigra, una regione del mesencefalo.
 La causa che porta alla loro morte è sconosciuta. All'esordio della malattia, i sintomi più evidenti sono legati al movimento, ed includono tremori, rigidità, lentezza nei movimenti e difficoltà a camminare. In seguito, possono insorgere problemi cognitivi e comportamentali, con la demenza che si verifica nelle fasi avanzate. La malattia di Parkinson è più comune negli anziani, la maggior parte dei casi si verifica dopo i 50 anni.
I sintomi motori principali sono comunemente chiamati parkinsonismo. La condizione è spesso definita come una sindrome idiopatica anche se alcuni casi atipici hanno un'origine genetica. Molti fattori di rischio e fattori protettivi sono stati indagati: ad esempio, l'aumento del rischio di contrarre la malattia nelle persone esposte ad idrocarburi solventi e pesticidi. La patologia è caratterizzata dall'accumulo di una proteina, chiamata alfa-sinucleina, in inclusioni denominate corpi di Lewy nei neuroni e dall'insufficiente formazione di dopamina. La distribuzione anatomica dei corpi di Lewy è spesso direttamente correlata all'espressione e al grado dei sintomi clinici di ciascun individuo.

 Di seguito alcune foto della serata del Dr. Andrera Landi, introdotto dal Dr. Dominici, ed alcune immagini esplicative dell'approccio neurochirurgico  della malattia di Parkinson.














L'approccio chirurgico per il Parkinson consiste nel posizionamento di un elettrodo nel cervello. La testa è stabilizzata con una tecnica utilizzata nella chirurgia stereotassica. Una volta, trattare i sintomi motori con un intervento chirurgico, era una pratica comune, ma dal momento che venne scoperta la levodopa, il numero degli interventi diminuì. Gli studi degli ultimi decenni hanno portato a grandi miglioramenti nelle tecniche chirurgiche, con la conseguenza che la chirurgia è nuovamente utilizzata nelle persone sofferenti la malattia di Parkinson e per le quali la terapia farmacologica non è più sufficiente. Attualmente la tecnica più utilizzata è la chirurgia stereotassica che permette di trattare punti in profondità nel parenchima cerebrale con precisione millimetrica, grazie all'ausilio di dispositivi radiologici. Il trattamento chirurgico per la condizione, può essere distinto in due gruppi principali: stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS) o intervento lesionale. I settori di intervento sono il talamo, il globo pallido o il nucleo subtalamico.








 Stimolazione cerebrale profonda

Stimolazione cerebrale profonda. Le aree bianche attorno a mascella e mandibola sono protesi dentarie metalliche e non sono correlate ai dispositivi usati nella stimolazione cerebrale profonda. Per stimolazione cerebrale profonda in campo medico, si intende una procedura chirurgica.




La stimolazione cerebrale profonda (DBS) è il trattamento chirurgico più comunemente utilizzato e permette una buona remissione clinica e una significativa riduzione della dipendenza da levodopa. Esso comporta l'impianto di un dispositivo medico, chiamato pacemaker cerebrale, che invia impulsi elettrici a zone specifiche del cervello. La DBS è raccomandata per i pazienti con Parkinson che soffrono di forte tremore che non viene adeguatamente controllato da farmaci o in coloro che sono intolleranti al trattamento farmacologico. Uno studio pubblicato nel Journal of the American Medical Association ed effettuato su un campione di 225 malati, ha evidenziato, nel 71% dei casi, decisivi miglioramenti nei movimenti e nella diminuzione dei tremori in seguito alla DBS, rispetto al 32% che prendeva solo farmaci. Altre, ma meno comuni, terapie chirurgiche comportano la creazione di lesioni in specifiche aree sottocorticali (una tecnica nota come pallidotomia, nel caso che la lesione sia prodotta nel globo pallido).




Vengono impiantati in sede permanente vari elettrodi nel subtalamo grazie all'innesto di un pacemaker, che invia impulsi al cervello.
Viene utilizzata per trattare i disturbi ossessivi-compulsivi, malattie che riguardano il ridotto o anomalo movimento dell'individuo come il morbo di Parkinson ed è stata sperimentata nei casi di cefalea a grappolo. Effetti secondari: fra gli effetti secondari riscontrati allucinazioni e apatia.



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